Nei giorni scorsi Marcel Mauri, vicepresidente dell’entità culturale catalana Òmnium Cultural, si è recato in visita ad Alghero per incontrare i rappresentanti di Òmnium Alguer, per rafforzare i rapporti e pianificare nuovi progetti di collaborazione. Durante la visita Mauri ha ricordato la situazione di repressione che sta vivendo la Catalogna da parte dello Stato Spagnolo sia in termini di diritti civili sia a livello linguistico e ha confermato il supporto dell’entità presieduta da Jordi Cuixart al lavoro realizzato da Òmnium Cultural di Alghero che ha accettato la richiesta del gruppo di lavoro di Helis, rappresentato da Simone Maulu, di poter incontrare Marcel Mauri per una breve intervista.
Qual è lo stato dei rapporti tra la vostra organizzazione e la comunità culturale catalana di Sardegna? In cosa si concretizza la vostra collaborazione?
La collaborazione di Òmnium Cultural con la comunità culturale catalana in Sardegna avviene tramite l’associazione Òmnium Cultural di Alghero che dal 1993, da quasi trent’anni grazie alla sua sede locale svolge tutta l’attività di promozione, protezione e difesa della Lingua catalana algherese e della cultura. Questa è la missione di Òmnium su tutto il territorio di Lingua catalana e quindi anche qui ad Alghero.
Cosa avete fatto in questi giorni di visita ufficiale ad Alghero? Quali gli obiettivi di questa visita?
Òmnium Cultural catalano e Òmnium Cultural di Alghero hanno ovviamente sempre avuto relazioni. Siamo venuti a conoscere in prima persona i progetti che si stanno portando avanti, tutto il lavoro per la reintroduzione dell’Algherese nella scuola che per noi è molto importante e fondamentale. Abbiamo osservato l’attività dell’associazione algherese, il lavoro dei soci, abbiamo incontrato i mezzi di comunicazione.
Il ruolo centrale svolto dalla Lingua nel coadiuvare il rafforzamento dell’identità nazionale catalana è evidente. Come consigliereste di agire sul piano della Lingua in una realtà come quella della nazione sarda nella quale lo scarso livello di coscienza nazionale rischia di non far accettare dalla popolazione operazioni di pianificazione di politica linguistica simili a quelle avvenute per il Catalano, il Basco e il Galiziano?
Dare consigli da fuori è sempre complicato perché la realtà di ciascun territorio e di ciascuna nazione è differente. La Lingua è un elemento fondamentale per costruire un’identità ma non è l’unico. Questo è dimostrato per esempio dall’Irlanda dove malgrado la Lingua gaelica si sta perdendo l’identità nazionale esiste. O come l’Austria dove la Lingua è il Tedesco. In Catalogna la Lingua è sempre stato un elemento capitale, motore della ricostruzione dell’identità. L’aspetto fondamentale della questione della Lingua in Catalogna è che non è mai stato un elemento di conflitto ma al contrario un punto di incontro. Il Catalano è sempre stato Lingua accogliente per la gente che arriva da altrove, in Catalogna è sempre arrivata moltissima gente dall’Andalusia, dalla Spagna, dal Marocco, dal Pakistan e il Catalano è sempre stato un’occasione di accoglienza, non un’imposizione. La mia famiglia ad esempio è Andalusa, io parlo Catalano. La famiglia di Jordi Cuixart è di Murcia, il mio compagno è del Marocco; tutti parliamo Catalano perché abbiamo fatto del Catalano una Lingua di incontro. Credo che questa sia la migliore raccomandazione: rendere sempre la Lingua uno spazio di incontro per tutte le persone che provano un sentimento di appartenenza, anche per le persone che non sono nate qui. I miei nonni non hanno mai parlato Catalano perché erano andalusi ma hanno sempre difeso il Catalano. I miei genitori e i miei zii hanno voluto che noi parlassimo Catalano.
Alle ultime elezioni, nonostante le differenze, l’area indipendentista ha comunque ottenuto la maggioranza assoluta, il 52%. Ora cosa si fa? Ci sono differenze tra la strategia del Governo e quella di Òmnium?
Noi di Òmnium abbiamo sempre spiegato che noi non abbiamo una strategia. La nostra strategia è che ve ne sia una uguale per tutti che ci consenta di poter portare a compimento il processo di autodeterminazione fino all’indipendenza. Òmnium è sempre molto rispettoso di quello che fanno le istituzioni, siamo sempre stati molto leali alle istituzioni catalane ma a volte siamo anche molto esigenti. Chiediamo il massimo coraggio e di valore nella difesa della Lingua, nella difesa della cultura nonché valore nella difesa del diritto all’autodeterminazione e nel dire alla Spagna che questo conflitto politico finirà solo quando in Catalogna si potrà esercitare il diritto all’autodeterminazione e quando, allo stesso livello, finirà la repressione. Perché non dimentichiamo che abbiamo ancora persone in prigione e persone in esilio come il presidente Puigdemont. C’è ancora molta gente che sta affrontando processi nei tribunali e molta gente indagata. Questo significa che la Spagna non ha smesso di reprimere, di perseguire politicamente, giudiziariamente, economicamente. Al nostro governo quindi chiediamo fermezza, coraggio nel difendere l’amnistia, l’autodeterminazione, la Lingua e la cultura.
Il processo di autodeterminazione catalano rappresenta per l’indipendentismo sardo ed europeo una dinamica di riferimento, da studiare e comprendere sia a livello di strategia generale sia nei dettagli e nelle tattiche contingenti. Quali sono gli elementi fondanti sui quali è stato possibile per voi costruire la condivisione maggioritaria dell’idea indipendentista?
Penso che la grande idea della Catalogna sia stata connotare la richiesta del diritto all’autodeterminazione come un conflitto democratico, non come un conflitto nazionale fine a se stesso. In Catalogna c’è chi ha un sentimento nazionale catalano e chi un sentimento nazionale spagnolo. Ma al di là di questo quasi tutti vogliono difendere la democrazia. Quindi il diritto all’autodeterminazione è vincolato alla democrazia. Nell’Europa del ventunesimo secolo non può succedere che non si possa votare e decidere con un referendum il futuro. E persone che non sono indipendentiste difendono questa posizione. Penso che questo sia un elemento che ci ha resi più forti perché si può essere a favore o contro l’indipendenza ma nessuno può essere contrario alla democrazia. Quando il governo di Madrid dice che non si può fare un referendum questo è molto difficile da capire perché la gente non accetta che non venga permesso di votare. Questa è l’idea più importante, aver incentrato tutto il processo sul diritto a decidere, sull’autodeterminazione e sulla democrazia.
La politica repressiva dello Stato spagnolo non è riuscita a frenare il processo di indipendenza, anzi in alcuni casi possiamo dire che lo ha rafforzato. Il popolo catalano non ha più paura la coscienza nazionale è più forte delle intimidazioni dello Stato. Che ruolo hanno giocato da questo punto di vista l’ANC e l’Òmnium?
Nella sede di Òmnium di Alghero c’è un manifesto che dice “democrazia”. Quello è il manifesto che stampò Òmnium nel 2017 e che Jordi Cuixart mostrava ovunque. È evidente che vogliamo l’indipendenza ma la nostra visione è che la vogliamo ottenere attraverso la democrazia. E la domanda è quale Stato democratico può opporsi a questo. Solo attraverso al violenza, solo picchiando la gente, come ha fatto la Spagna, puoi opporti a questo.
Dalle grandi manifestazioni di massa si evince che il popolo catalano non ha più paura. La coscienza è più forte della paura? Quale il ruolo delle realtà culturali catalane nell’accelerazione del processo indipendentista?
Òmnium ha 60 anni di storia e ha sempre difeso la stessa cosa: la Lingua e la cultura, i diritti civili. Difendere la Lingua e la cultura nel 1961 nel pieno del franchismo era fare politica e per questo è stato perseguito Òmnium. Tutta questa strada ci porta ad oggi e alla conclusione che per poter difendere la Lingua e la cultura o abbiamo uno Stato che ci protegge o non lo potremo fare. Dentro la Spagna il Catalano sparirà. Questa è la conclusione a cui siamo arrivati. Perché la Spagna non vuole proteggere la Lingua catalana. Questo è il lavoro di Òmnium che arriva a lottare per il diritto all’indipendenza e all’autodeterminazione nella coscienza che si tratta di un processo condiviso da molta gente, un processo democratizzatore, un progetto che va dal basso verso l’alto: dalla strada delle mobilitazioni fino ai politici. Non è il contrario, non sono i politici che lo propongono, è la gente. Nel 2010 l’Òmnium della presidente Casals ha indetto una grande manifestazione contro la sentenza del Tribunale Costituzionale spagnolo contro il nuovo Statuto catalano che negava totalmente il riconoscimento della Catalogna come nazione e il riconoscimento e la protezione della Lingua, cioè quello che i catalani volevano. Questa è un’offesa, un’umiliazione molto grave, contro la quale Òmnium convoca la grande manifestazione del 2010 e assume un ruolo molto importante, affiancato nel 2012 dalla nascita dell’ANC, che gestisce la guida dal basso di manifestazioni sempre pacifiche per reclamare il diritto a poter votare e a esercitare l’autodeterminazione.
A livello comunicativo la scelta della nonviolenza sembra aver già vinto. Guardare le immagini della gente in piazza che offre fiori a chi la manganella è un chiaro messaggio al mondo.
Nel XXI secolo la comunicazione è tutto. Noi non abbiamo e non vogliamo armi né manganelli come la polizia spagnola. Non abbiamo prigioni, non abbiamo giudici. Tutta questa è roba della Spagna, come il Re del resto. Noi chiediamo democraticamente di votare, loro rispondono con la violenza e con la repressione. Chiediamo il voto, otteniamo galera. Questa battaglia comunicativa l’abbiamo già vinta.