di Matteo Pische
14 gennaio 2023, Pamplona, Stadio El Sadar.
Il Club Atlético Osasuna, o più semplicemente Osasuna, accoglie tra le sue mura il Maiorca per la diciassettesima giornata della Liga spagnola. Tutt’altro che una sfida di cartello, nonostante la buona classifica delle due squadre. L’Osasuna si impone 1 a 0.
Ma non è il risultato in campo a scatenare le polemiche in Spagna. L’Osasuna e il Maiorca, che vivono di alterne fortune, non sono propriamente quelle squadre su cui si accendono i riflettori di uno dei campionati più importanti del mondo, che, al contrario, si concentrano sulle gesta delle due stelle del Barcellona Pedri e Gavi, le aperture di esterno di Modric e le reti gonfiate dal Pallone d’Oro in carica Karim Benzema.
A prendersi le luci della ribalta non è neanche l’autore del gol vittoria, Aimar Oroz, che mai avrebbe pensato di essere oscurato da un addetto alla sicurezza dello stadio, che diventa protagonista unico, forse inconsapevole. Una figura che non compare nel tabellino della gara né occupa le pagine dei quotidiani sportivi. Non di solito, almeno. Ma stavolta è diverso perché a un certo punto l’addetto alla sicurezza decide di entrare nella storia della partita e lo fa con un gesto repentino, nervoso, carico di fastidio. Come fosse uno dei cosiddetti falli di frustrazione che vengono spesso puniti con il cartellino giallo. Proprio del colore del suo smanicato fluorescente. È sugli spalti, si avvicina alle ringhiere dove sono posizionate una bandiera della Navarra, territorio storico basco attualmente Comunità Autonoma spagnola di cui Pamplona è capoluogo e una Ikurrina, vessillo dei Paesi baschi. Le rimuove entrambe .
L’eroe o l’antieroe, a seconda dei punti di vista, diventa irrimediabilmente lui.
La rimozione di uno striscione o di una bandiera non è di per sé un gesto particolarmente rilevante, se non fosse che siamo in Euskal Herria e ad essere rimosso dall’impianto sportivo è uno dei simboli nazionali più importanti.
Per capire di cosa stiamo parlando, gli Euskal Herria (terra del popolo che parla Basco, e già questo meriterebbe un immenso capitolo a parte) è quel territorio compreso tra lo Stato spagnolo (Hegoalde: Araba, Bizkaia, Gipuzkoa e Nafarroa Garaia) e lo Stato francese (Iparralde: Lapurdi, Nafarroa Beherea e Zuberoa).
La sua bandiera, per l’appunto, è l’Ikurrina. Ideata da Luis e Sabino Arana, quest’ultimo riconosciuto padre del nazionalismo basco e fondatore del Partito Nazionalista Basco, assume i tratti tipici della Union Jack britannica, con la croce di Sant’Andrea (dovuta, pare, a una presunta ammirazione per la Scozia) dominata dal colore rosso, verde e bianco.
Una bandiera come tante altre ce ne sono nel mondo. E invece no. Perché il processo di ufficializzazione e normalizzazione (è attualmente anche il vessillo della Comunità Autonoma di Euskadi che comprende Araba, Bizkaia e Gipuzkoa) è stato lungo e tortuoso. E com’è sempre accaduto in Spagna per le minoranze nazionali e linguistiche, ha dovuto fare i conti con Francisco Franco il quale, a quanto è dato sapere, non aveva alcuna ammirazione per la Scozia. Tantomeno per i fratelli Arana e per il nazionalismo basco. La sua feroce dittatura travolge tutte le espressioni dell’identità basca. Non si può parlare il Basco, non si possono esporre vessilli che non siano quelli della Grandissima Spagna.
Ma non può durare per sempre. Niente è eterno.
5 Dicembre 1976. Donostia. O San Sebastián, se preferite. Si gioca il derby basco tra Real Sociedad, la squadra di casa e l’Athletic Club di Bilbao. Dovrebbe essere un derby come un altro: sentito, combattuto, come solo i veri derby sanno essere. Ma non è quello che succede in campo a fare la storia. Neanche stavolta: strano, no?
O meglio, a rimanere nella memoria collettiva è quello che succede in campo ma non nei 90 minuti di gioco. Le due squadre fanno il loro ingresso in campo e cala il silenzio. A sinistra Kortabarria, capitano e difensore dell’Erreala, uno dei casi più famosi di rifiuto della convocazione in nazionale (spagnola) per motivi politici. Perché lui è e si sente solo basco, brama l’indipendenza di Euskal Herria per cui dopo 4 presenze con la Roja alza il telefono, chiama il ct Kubala e gli chiede gentilmente di lasciarlo a casa perché lui, con quella maglia, non è propriamente a suo agio. A destra Jose Angel Iribar, capitano degli ospiti, che viene considerato una sorta di Zoff iberico, e diventerà sostenitore di Herri Batasuna, il partito della sinistra indipendentista basca, illegalizzato perché considerato braccio politico di ETA.
Entrambi i giocatori stringono l’Ikurrina, la bandiera del popolo basco. Ma c’è un piccolo particolare: è illegale. Francisco Franco è morto da qualche mese, lo ha sostituito il suo erede designato, l’Ammiraglio Carrero Blanco. Il Caudillo non stava benissimo e così Carrero Blanco diventa capo del Governo. Non va secondo i piani, però. ETA – Euskadi Ta Askatasuna (Paesi Baschi e Libertà) – mette in piedi l’operazione Ogro (consiglio la visione di “Ogro” di Gian Maria Volontè). Elementi distintivi? Una bomba che travolge in pieno l’auto dell’Ammiraglio che sta uscendo da una funzione religiosa e lo sbalza a metri di distanza. Insomma, morti i due leader del franchismo, si entra nella fase di transizione democratica. Non ci sarebbero ragioni per non legalizzare l’Ikurrina. Non la pensa così il ministro dell’interno Fraga: “prima che sia legale dovrete passare sul mio cadavere”. Sul suo cadavere, sempre a quanto è dato sapere, non passa nessuno.
Quel 5 dicembre del 1976, però, i due capitani delle principali squadre basche espongono il vessillo a tutta la Spagna e a tutto il mondo. È tempo di legalizzazione. Arriva nel 1976. Chissà com’era finito, poi, quel derby.Questo fa capire perché oggi, all’indomani della contestata rimozione, l’Osasuna avvia un’indagine interna per chiarire le circostanze dell’accaduto. E spiega anche perché il 25 gennaio 2023, durante la sfida di “Copa del Rey” contro il Siviglia, i tifosi inondano lo stadio di Ikurrinas e di bandiere della Navarra che gli indipendentisti utilizzano in nome della continuità storica e istituzionale della sovranità dei baschi su tutte le terre basche. Perché i simboli, soprattutto se frutto di tanta sofferenza, non si toccano. La partita, per la cronaca, l’ha vinta l’Osasuna. Ma non chiedetemi i marcatori. Anche stavolta non è quanto successo in campo ad essere rilevante.