Intervento di Simone Maulu, portavoce di iRS, in occasione della presentazione della lista “Vota Sardigna!”. Oristano, 17 dicembre 2023.
Buongiorno a tutte e tutti,
voglio ringraziare tutte le attiviste e gli attivisti, i militanti che oggi sono arrivati qui da tutta la Sardegna per partecipare a questa assemblea. E grazie di essere qui anche a Renato Soru. Oggi in questa sala c’è una platea molto rappresentativa della società sarda. Sono presenti rappresentanti di diversi settori produttivi: del mondo dell’arte, della musica, delle campagne. Ci sono diversi esponenti del movimento pastori sardi coi quali da sempre abbiamo condiviso tante battaglie e tante manifestazioni. Ci sono molti giovani, che stanno tornando a frequentare il dibattito politico. Giovani sotto i quarant’anni che hanno passione e che in quest’isola vogliono creare le condizioni per poterci vivere felici.
Qualcuno si chiederà come mai gli indipendentisti stiano sostenendo la candidatura di Renato Soru come candidato a Presidente della Sardegna. Abbiamo preso questa decisione dopo aver osservato il percorso di Soru, quello che lo ha portato a decidere di riprendersi finalmente Progetto Sardegna, per dare vita ad una coalizione progressista sarda alternativa rispetto a quelle italiane. Un gesto che comunica la dignità di riprendersi ciò che aveva creato per ritornare a lavorare in quello che per noi è il campo nazionale sardo.
Questo per noi è stato un passaggio dirimente perchè pone l’accento su ciò che noi indipendentisti abbiamo sostenuto per anni con le nostre lotte: e cioè il progressismo basato sulla dimensione sarda.
Il progressismo! Ovvero l’organizzazione della società sotto l’aspetto dei suoi diritti, che siano civili, del lavoro, della mobilità, della storia, della dignità, della salute e della libertà. Diritti che, per la maggior parte, il Popolo Sardo vede negati da sempre, grazie alla complicità delle classi dirigenti che si alternano col solo fine di mantenere lo status quo. Penso che oggi stiamo entrando in una nuova fase storica dove è sempre più evidente e lampante la distanza fisica e politica tra la Sardegna e Roma.
Tra le esigenze della Sardegna che sono in antitesi con le logiche romane di spartizione di potere. Penso che il momento che stiamo attraversando ci obblighi a fare un’analisi profonda su come vogliamo intervenire sul presente e su come immaginiamo il nostro futuro in quest’isola.
Per fare questo non è sufficiente raccontare che dobbiamo battere le destre o parlare di Noi, in astratto. Noi chi? Perchè se il noi si riferisce alla cricca che negli anni di alternanza tra destra e sinistra italiana ha portato la Sardegna in questa situazione di sudditanza mai vista, questo noi non ci interessa! Per questo è importante fare chiarezza. E più che il momento del noi in astratto, credo sia il momento di fare delle scelte concrete.
L’indipendentismo di iRS in vent’anni ha condizionato tutta la società sarda e la classe politica, tant’è vero che oggi si parla di Sardegna e di Sardità con una naturalezza che fino a poco tempo fa era impensabile. E anche il concetto di indipendenza ormai fa parte del dibattito politico sardo. Spesso sentiamo esponenti politici che nei loro discorsi affermano di appartenere al Popolo Sardo. Come se fosse una loro scelta…
Ma, come dice Jean-Guy Talamoni (leader indipendentista Corso, ed ex Presidente dell’assemblea Corsa) essere un popolo non è una scelta, non è un progetto politico. È una realtà. Il Popolo esiste indipendentemente dalle nostre affermazioni. Siamo nati qui e apparteniamo a questo Popolo e nessuno può avere il monopolio sul concetto di Popolo Sardo, come nessuno può avere il monopolio sull’amore per la Sardegna. Se ci ripetiamo all’infinito che siamo un Popolo e che amiamo la Sardegna, il mare, i dolci, le tradizioni facciamo passi avanti? Penso di no! Per questo dico che bisogna fare scelte.
Essere di destra o di sinistra è una scelta! Essere indipendentista o autonomista, difendere l’interesse nazionale Sardo o difendere l’interesse nazionale italiano, queste sono scelte! Condividere l’amore per la Sardegna non vuol dire per forza essere uguali. Per questo è importante chiarire cosa vogliamo fare e con chi e soprattutto con quale visione e con quale obbiettivo lo vogliamo fare.
C’è chi si accontenta di crogiolarsi nel sardismo come sentimento a cui aggrapparsi, o affogarsi, nel momento dell’emozione. E c’è chi si vuole impegnare affinchè quell’emozione non resti un sentimento, fine a sè stesso, ma sia il senso profondo dell’organizzazione progressista della società Sarda, degli usi, dei costumi e dei diritti del popolo che abita la Sardegna, delle sue esigenze e delle sue peculiarità. Questa è una scelta politica!
E noi indipendentisti che delle visioni lucidamente visionarie abbiamo fatto la nostra storia politica, sappiamo bene quale sia la differenza tra cieco orgoglio sardista o peggio sardo/leghista che contempla solo se stesso e che soltanto di quella retorica si nutre, e l’indipendentismo progressista che mira alla dignità e alla verità di una intera società nazionale, del nostro Paese. Perché la Sardegna ha già un popolo con usi, costumi, lingua e territorio e per questo è già serenamente una nazione! Noi abbiamo il dovere e l’ambizione di rimuovere il velo del senso di inferiorità con cui questo popolo è stato nascosto a sé stesso, e riorganizzare il senso dell’esistenza della Sardegna nel Mediterraneo e nell’Europa contemporanea. Con la dignità della sua identità e della sua verità millenaria, e dobbiamo farlo per i Sardi vivi, oggi!
Noi non vogliamo partecipare ad una gara a chi amministra meglio la sudditanza, noi vogliamo proporre un esercizio di libertà. Vogliamo lanciare una sfida che è quella di intendere come il nostro Paese la Sardegna e agire in questo senso. E in questo sento sviluppare la nostra economia, la nostra esistenza. Sviluppare un Paese dove le pale eoliche e i pannelli solari, installati lontano da dinamiche speculative, ci possono rendere indipendenti a livello energetico. Mentre ora arricchiscono gli speculatori.
Un Paese in cui a scuola possiamo studiare la nostra storia e la nostra lingua. Mentre ora non possiamo. Un Paese che investe sulle produzioni locali per soddisfare prima di tutto il proprio mercato interno. Creare un’isola di pace libera da servitù militari. Un Paese che sappia curare e difendere il proprio interesse nazionale. Un Paese che abbia il diritto di eleggere i suoi 6 Europarlamentari come Malta e Cipro. E che costruisca una propria soggettività internazionale. O vogliamo far mediare i nostri rapporti dall’italia in eterno?
Per questo dobbiamo avere una visione chiara, precisa, lungimirante, aperta. In questo, secondo noi, si articola la differenza tra la Coalizione Sarda e quelle italiane come il patto romano stipulato tra da PD e M5S, figlio del potere più profondamente anti sardo.
Queste elezioni, per noi, sono una tappa importante verso questo obiettivo. Un pezzo di strada che vogliamo fare insieme alla coalizione sarda, portando il nostro contributo e la nostra visione con l’auspicio (e la condizione) che la coalizione sarda rimanga tale. Penso che insieme possiamo vincere queste elezioni e potremo trasformare finalmente il nostro bisogno di agire in potere di agire, come hanno fatto i Catalani, i Baschi, gli Scozzesi, i Corsi. Non possiamo tifare per loro e non fare niente per noi.
Questa è la nostra scelta, quella di lavorare da subito per ricostruire e sviluppare la società Sarda per arrivare, quando saremo pronti, a proclamare nel nostro Paese la Repubblica Sarda Indipendente, all’interno della comunità mediterranea e di un’Europa dei Popoli.