Nel novembre 2024, in occasione dell’uscita della nuova edizione del dizionario dell’Accadémie Française, l’ente statale fondato nel 1635 che si occupa di vigilare e promuovere la lingua, il presidente della Repubblica Emmanuel Macron ha rilasciato dichiarazioni controverse: “le lingue regionali sono uno strumento di divisione della nazione”.
La testata giornalistica di area indipendentista Mediabask, operante nei Paesi Baschi del Nord, attualmente sotto giurisdizione francese, racconta nei dettagli l’evento e ricorda che queste parole vanno in controtendenza rispetto a quanto affermato in precedenza da Macron su questo tema.
Le parole di Macron: “La lingua francese è stata il crogiuolo dell’unità del Paese, a cominciare dai suoi testi amministrativi passando per le leggi e le sentenze; è stata la fucina di una nazione che altrimenti si sarebbe persa tra le sue lingue vernacolari, i suoi dialetti, le sue diverse lingue regionali che in vari casi esistono ancora, ma che sarebbero state uno strumento di divisione della nazione”.
SCHIZOFRENIA PRESIDENZIALE
Solamente tre anni, fa in occasione della bocciatura dell’insegnamento immersivo nelle lingue territoriali da parte del Consiglio Costituzionale francese, Macron le aveva difese con queste parole: “Le lingue della Francia sono un tesoro nazionale. Tutte, sia quelle delle regioni metropolitane sia quelle dei nostri territori d’oltremare, non smettono di arricchire la nostra cultura francese. Niente potrà ostacolare l’insegnamento immersivo”.
Un anno fa, in occasione dell’inaugurazione della Città Internazionale della Lingua Francese, un luogo consacrato alla lingua francese e alle culture francofone, aveva affermato: “Un francese può pienamente rivendicare diverse appartenenze linguistiche. Tutti hanno il diritto di conoscere, parlare e trasmettere la propria o le proprie lingue e questo è un diritto non negoziabile. Tutte le lingue sono uguali dal punto di vista della dignità. Le lingue territoriali devono essere insegnate meglio e preservate, devono poter trovare spazio in ambito pubblico in un giusto equilibrio tra il radicamento regionale e il ruolo essenziale della coesione della lingua nazionale”.
RICONOSCIMENTO ISTITUZIONALE
Nello stesso momento in cui Macron si produce in dichiarazioni così nazionaliste il sito del Ministero della Cultura racconta che “le lingue regionali sono le lingue tradizionalmente parlate in parti del territorio della Repubblica francese, l’uso delle quali è spesso antecedente rispetto a quello del francese. Molto numerose, sopratutto nei territori d’oltremare – la Nuova Caledonia conta una trentina di lingue regionali, la Guyana una dozzina – la loro appartenenza al patrimonio francese è inserita dal 2008 nella Costituzione”. Il Ministero pubblica anche una lista e una mappa dettagliata delle lingue parlate sul territorio francese metropolitano. Secondo uno studio del 1999 di Bernard Cerquiglini, assurto a posizione istituzionale, le lingue sono raggruppate in due macrogruppi e in due lingue a sé stanti.
Il macrogruppo germanico comprende l’alsaziano, il fiammingo occidentale, francico lussemburghese, francico mosellano e francico renano. Il macrogruppo romanzo contiene il catalano, il corso, il francoprovenzale, il sistema linguistico d’oil nel quale compare anche il gallo parlato nella Bretagna sud-orientale, il sistema linguistico occitano, il ligure del mentonese e di Bonifacio, le lingue del Croissant cioè le varianti parlate nel punto di incontro tra occitano e francese, una sorta di nostra limba de mesania. Infine le due lingue a sé stanti sono il basco, che non fa parte delle lingue indoeuropee e il bretone, che fa parte delle lingue celtiche.
Questa complessità linguistica è riconosciuta a livello istituzionale e il Ministero della Cultura aggiunge che le lingue parlate nei territori d’oltremare sono “ancora largamente trasmesse in famiglia e ben presenti nella sfera sociale. Se il francese rimane la lingua dell’amministrazione, dei servizi pubblici e dei media, si tratta spesso di una seconda lingua, poco o per nulla utilizzata da alcune categorie di popolazione”.
Per gestire la situazione il Ministero ha addirittura organizzato nel 2021 gli Stati Generali del multilinguismo nell’Oltremare, in collaborazione con il Ministero dell’Oltremare e di quello dell’Educazione Nazionale, per “promuovere una politica favorevole al multilinguismo nei campi della vita sociale e culturale” in particolare nei campi delle “politiche ambientali, dei saperi autoctoni, dell’attrattività territoriale, della vita economica, della mobilità e dell’integrazione regionale, dei servizi amministrativi e dell’accesso alla sanità pubblica in una società multilingue”.
LE NAZIONI SENZA STATO REAGISCONO
Alla luce di tutto questo è inevitabile che le frasi pronunciate da Macron abbiano suscitato forti reazioni da parte dei difensori delle lingue territoriali. Il giornalista Michel Feltin-Palas ha ricordato che nel XX secolo lo Stato francese era multilingue, sottolineando che nella sua storia i conflitti sono stati soprattutto religiosi o ideologici più che linguistici.
Il sito Agence Bretagne Presse, ricordando che nello scorso settembre Macron ha difeso la francofonia in Canada, dove il francese è lingua minoritaria, scrive: “Affermando che le lingue regionali dividono la nazione Macron riprende la retorica centralizzatrice ereditata dalla Rivoluzione Francese la quale aveva fatto della lingua francese uno strumento di unificazione a scapito delle lingue locali. Pertanto questa posizione sembra ignorare gli sforzi pluridecennali per preservare questo patrimonio immateriale”.
Iparralde e Breizh
Il giornalista Goizeder Taberna riporta su Mediabask l’elenco delle reazioni anche a livello politico. Il presidente della Comunità di Agglomerazione dei Paesi Baschi e i tre deputati al parlamento francese eletti nei Paesi Baschi del Nord si sono immediatamente pronunciati sui loro profili nelle reti sociali. Le parole più usate sono state “incomprensibile, inaccettabile, un insulto”.
La deputata socialista, nonché consigliera comunale nella città basca di Baiona, Colette Capdevielle, considera inaccettabili le parole di Macron: “tutte le lingue regionali sono una ricchezza, bisogna farle sviluppare. Sarebbe buono che Macron uscisse dal suo palazzo e si aprisse alla diversità linguistica e culturale”.
Il deputato socialista Iñaki Echaniz ha ricordato il sostegno sociale di cui godono le lingue territoriali: “Questa uscita va controcorrente rispetto alle dichiarazioni del passato ma soprattutto va contro la mobilitazione per la salvaguardia, la trasmissione e la valorizzazione delle nostre lingue”.
Il deputato Peio Dufau, del movimento indipendentista EH Bai, omologo settentrionale di EH Bildu, ha rimproverato al presidente Macron di seminare divisione: “Questi ragionamenti svalorizzano e degradano le identità dei nostri territori, questa è la vera divisione. Esprimendosi in questo modo il presidente Macron disprezza lo stesso spirito dell’articolo 75-1 della Costituzione francese” il quale sancisce che “Le lingue regionali fanno parte del patrimonio della Francia”.
Jean-René Etchegaray, Sindaco di Baiona e presidente dell’Agglomerazione basca – l’istituzione locale che fa le veci dei mai istituito Dipartimento basco – fa parte di Renaissance, il partito di Macron, ma non fa sconti al suo leader: “Maltrattando le identità noi creiamo istanze identitarie. Le nostre lingue, il basco, il guascone, ci uniscono nel nostro territorio più di quanto dividono. Sono assieme la nostra chance e la nostra responsabilità. Noi continueremo a farle vivere”.
La consigliera regionale Sophie Bussière, di Europe Écologie Les Verts, ha ribadito l’impegno degli ecologisti a favore delle lingue locali e ha definito le parole del Capo dello Stato come vergognose: “invece che dividere, la diversità linguistica e culturale consente di rafforzare la nostra umanità comune”.
Michel Feltin-Palas è un giornalista noto in Francia per essere difensore sia del francese sia delle lingue minoritarie. Ha scritto libri dai titoli eloquenti come “Coltiviamo la lingua francese”, “Salviamo le lingue regionali”, “Ho un accento, e allora?”. Ha reagito affermando che le tesi di Macron sul rapporto tra lingue e nazione non possono essere accettate e che dal punto di vista storico la Francia deve essere considerata come Stato multilingue.
Soggetti culturali bretoni come Langues de Bretagne hanno risposto evidenziando che Macron è tornato alla retorica centralizzante ereditata dalla rivoluzione francese e che questa vecchia logica si scontra con gli sforzi per prendersi cura di questo patrimonio immateriale, come riconosciuto anche dalla Costituzione francese.
LA REAZIONE IN CORSICA
Il movimento Nazione ha aderito alle manifestazioni in difesa della lingua còrsa organizzate grazie alla mobilitazione dei giovani indipendentisti con l’obiettivo dell’ufficialità del còrso in tutti i settori della società. In un comunicato ha sottolineato il nesso tra le dichiarazioni presidenziali e la decisione del Tribunale Amministrativo di Bastia che ha recentemente vietato l’uso del còrso durante le discussioni parlamentari dell’Assemblea di Corsica. “Questo non è che la messa in pratica della politica coloniale, arcaica e conservatrice della Francia”. Gli indipendentisti aggiungono una riflessione anche sul fatto che in Corsica, “dopo una decina di anni di governi a maggioranza nazionalista si sarebbero dovute creare le condizioni di un reale rapporto di forza con lo Stato per ottenere la coufficialità di pieno diritto. Di fatto questo avrebbe presupposto una politica linguistica forte e determinata da parte della maggioranza mettendo in campo un braccio di ferro con Parigi. L’occasione si è presentata a varie riprese ma non c’è stato alcun passo in avanti, malgrado gli strumenti a nostra disposizione”.
La preoccupazione di Nazione tiene conto del fatto che “l’imminente sottoscrizione del futuro progetto di autonomia – concordato tra governo còrso a guida autonomista e Stato francese – rivela la sua debolezza, i suoi limiti e soprattutto la rinuncia alla coufficialità perché la lingua còrsa si trova ridotta a semplice caratteristica particolare di una comunità”.
Per Nazione “è arrivato il momento di smetterla con le lamentele e di passare all’azione per un riequilibrio dei poteri con tutte le forze vive del popolo còrso, per ottenere la coufficialità che ci spetta di diritto. Per fare della lingua còrsa una lingua nazionale serve una dimostrazione di resistenza in tutti i campi, una battaglia quotidiana. Non ci accontenteremo di una lingua regionale ma di una lingua nazionale”.