Tre baschi nel parlamento di Parigi. Interazioni tra autonomismo e indipendentismo

Peio Dufau in campagna elettorale. Foto Patxi Beltzaiz, Mediabask.

Agli inizi del luglio 2024 si sono tenute le elezioni legislative per il rinnovo del Parlamento francese. Il nuovo governo ha comodamente visto la luce nella seconda metà del settembre 2024, dopo le olimpiadi e dopo inusuali consultazioni istituzionali che hanno portato alla composizione di un esecutivo di centrodestra moderato totalmente non rappresentativo della volontà popolare che aveva premiato soprattutto la sinistra e ancor più l’estrema destra. Dopo pochi mesi dalle elezioni la Francia sta vivendo una grave fase di crisi di governo che varie testate hanno definito all’italiana. Ma più che degli equilibri politici o della nomina di un nuovo primo ministro in questo articolo parleremo dei numeri e dei temi della rappresentanza parlamentare delle nazioni senza Stato e delle colonie francesi.

Tra i 577 nuovi deputati eletti ci sono infatti 15 esponenti autonomisti, indipendentisti o vicini ai temi della difesa dell’identità linguistica e culturale dei loro popoli o dei loro territori. Tutti si collocano tra il centro e la sinistra, in varie sigle diverse. In uno Stato in cui il concetto di autonomia è alieno dalle istituzioni e bandito dal pubblico dibattito non è poi così strano che solo il 2,6% dei parlamentari sia espressamente vicino alla nostra area politica e alle tematiche a noi care.

Questi deputati difendono i diritti delle cosiddette minoranze nello Stato francese, chiedono un riconoscimento istituzionale o un’evoluzione statutaria per le loro terre quando non un processo di autodeterminazione.

Tre baschi nel Parlamento di Parigi

Degli eletti bretoni e còrsi, così come di quelli provenienti dalle varie Collettività d’Oltremare, abbiamo già parlato in un articolo apposito. Oggi analizziamo come la mancata vittoria della destra nazionalista francese alle elezioni legislative 2024 non solo ha smentito le previsioni a livello statale ma si è trasformata in una vera e propria svolta storica per i cittadini che vivono nelle tre regioni storiche basche attualmente amministrate dallo Stato francese. Questi territori hanno inviato ben tre eletti a Parigi nelle liste del Nuovo Fronte Popolare: due socialisti autonomisti strettamente legati al territorio e, per la prima volta, un indipendentista della sinistra abertzale.

APPROFONDIMENTO
Il Paese Basco settentrionale. Le tre regioni basche sotto giurisdizione francese di cui stiamo parlando sono quelle a Nord dei Pirenei: Lapurdi (Labourd), Nafarroa Beherea (Bassa Navarra) e Zuberoa (Soule). Assieme formano l’Iparralde, il Paese Basco settentrionale che convive nel Dipartimento francese dei Pirenei Atlantici con il Bearn, territorio storico occitano. Queste tre regioni dal 2017 hanno avuto un parziale riconoscimento unitario con l’istituzione della Euskal Hirigune Elkargoa, Comunità di Agglomerazione del Paese Basco. Il resto dei Paesi Baschi, l’Hegoalde, si sviluppa a Sud della catena montuosa pirenaica, è sotto giurisdizione spagnola, ed è composto dalle quattro regioni di Nafarroa/Navarra (Comunità Autonoma) e di Bizkaia, Gipuzkoa e Araba che assieme costituiscono Euskadi, la Comunità Autonoma del Paese Basco. I Paesi Baschi nel loro complesso, Euskal Herria, sono quindi composti da sette regioni storiche con assetti istituzionali diversi e articolati. Una situazione complessa ben rappresentata dal motto storico zazpiak bat: i sette sono uno.

Due eletti baschi socialisti autonomisti

Già nel 2012 una socialista era stata eletta nel Parlamento francese. Si trattava di Sylviane Alaux, eletta grazie ai voti della sinistra indipendentista, che ha lavorato alacremente nella difesa degli interessi del territorio basco e si è adoperata per la riuscita del processo di pace e di disarmo con Bakearen Artisauak/Artigiani della Pace.

I nuovi eletti socialisti invece sono Iñaki Echaniz e Colette Capdevielle e secondo i nostri canoni possono essere definiti come autonomisti. Sono strettamente legati al territorio e da sempre impegnati nelle battaglie per il riconoscimento istituzionale delle regioni basche e la difesa della cultura e della Lingua.

Iñaki Echaniz è nato in territorio francese ma è originario di Azpeitia e di Beasain, Comuni della Gipuzkoa. Già nel suo nome provvisto di tilde è racchiusa una delle sue battaglie per la democrazia linguistica contro il divieto statale di registrazione di nomi con segni non presenti nella lingua francese. Di questo abbiamo già parlato in articoli sul divieto di registrazione anagrafica di nomi bretoni e sulla campagna Je suis Fañch. Echaniz afferma che il suo nome non è un affronto alla Repubblica francese e, non facendo mistero di non essere in grado di parlare né basco né occitano, addebita questa mancanza al sistema educativo ricevuto. In una sessione parlamentare ha affermato “Sono fiero di essere basco e occitano ma non so parlare la lingua dei miei nonni a causa di mancanze nell’insegnamento ricevuto e dei divieti linguistici del regime franchista. Questo è un dolore che provo nella parte più profonda di me stesso, come se manchi un pezzo nella mia costruzione personale. Ed è anche un sentimento di vergogna”. Coerentemente adotta il trilinguismo francese-basco-occitano nelle sue campagne elettorali e ha vinto con il 47,9% contro la candidata di destra del Rassemblement National che ha raccolto il  28,9%.

Colette Capdevielle, appoggiata da vari amministratori locali tra cui Jean-René Etchegaray, sindaco della Capitale basca Baiona, ha ottenuto un notevole 62,6% contro il rivale dell’estrema destra che ha ottenuto il 37,3%. Nata nel 1958 a Orthez, le sue origini sono basche e occitane. È un’avvocata specializzata in diritti degli stranieri e in diritto di famiglia, orientata alla difesa delle famiglie omogenitoriali e alla difesa dei diritti delle donne. È stata già eletta all’Assemblea Nazionale tra il 2012 e il 2017, è stata consigliera regionale dell’Aquitania dal 1998 al 2004 e consigliera municipale a Baiona. Tra le sue battaglie si possono annoverare quelle contro la successione per eredità di bassa entità, per l’istituzione di una commissione di inchiesta parlamentare sui massacri coloniali francesi in Africa, per l’istituzione della Collettività Territoriale del Paese Basco e per uno Statuto specifico per le regioni basche attualmente sotto amministrazione francese. Ha inoltre preso parte alle manifestazioni e alle iniziative per chiedere la liberazione dei cittadini che durante il processo di disarmo parteciparono alle riprese video per documentare la distruzione delle armi provenienti dagli arsenali di ETA.

Colette Capdevielle, Partito Socialista, in conferenza stampa assieme a Peio Dufau, EH Bai. Campagna elettorale bilingue basco-francese unitaria nel Nuovo Fronte Popolare

Un eletto basco della sinistra indipendentista

eh bai iparralde

L’eletto indipendentista si chiama Peio Dufau, ha 45 anni e fa parte di EH Bai (Sì al Paese Basco), il partito della sinistra indipendentista del Paese Basco del Nord, omologo di EH Bildu, la federazione della sinistra indipendentista che opera nel Paese Basco del Sud. Dufau lavora nel campo delle ferrovie e, come sindacalista della Confédération Générale du Travail (CGT), ha intrapreso battaglie contro la recente riforma delle pensioni, per il ripristino di collegamenti ferroviari utili al territorio basco, nonché per la difesa dei collegamenti ferroviari per il trasporto di merci come alternativa al trasporto su gomma.

Sul piano artistico e culturale è attivo come musicista nel gruppo Iluna che promuove musica in basco. A livello politico è consigliere comunale di maggioranza a Ziburu/Ciboure, un centro di circa 6mila abitanti sulla costa basca. Ha ricoperto anche l’incarico di assessore all’urbanistica. Viene eletto deputato all’Assemblea Nazionale francese grazie al 29,4% dei consensi al primo turno e al 36,2% del secondo turno, cifre che testimoniano notevoli passi avanti della sinistra indipendentista, nel quadro di un avanzamento nel voto già osservato a livello municipale. A Parigi Dufau fa parte della commissione parlamentare per lo sviluppo sostenibile e la pianificazione territoriale che lavora per trovare il giusto equilibrio tra sviluppo urbano e rurale in parallelo con le questioni sociali, ambientali ed economiche dei territori e delle popolazioni che li vivono.

La sua elezione è storica per il Paese Basco del Nord giacché nel passato solamente un indipendentista è stato eletto a Parigi. Ma stiamo parlando di vicende politiche della prima metà del ‘900. “Non è la vittoria di una persona, è una vittoria di tutti gli abertzales e di tutti i bascofoni, è una vittoria per tutti i Paesi Baschi” ha dichiarato Peio Dufau durante i festeggiamenti della notte elettorale.

Il deputato indipendentista Peio Dufau durante una campagna elettorale del 2022 con EH Bai.

L’alleanza tra sinistra indipendentista e sinistra autonomista

In una intervista a cura del giornalista Goizeder Taberna pubblicata su Mediabask, il nuovo deputato rivendica il fatto di definirsi in ogni occasione e senza dissimulazione come indipendentista al fine di rappresentare pienamente la realtà locale che l’ha eletto. Sul fatto che un esponente della sinistra indipendentista sieda nel parlamento francese grazie a un’alleanza con la sinistra statale Dufau non vede contraddizioni: in un paese centralizzato come la Francia si gioca tutto a Parigi, ed è lì che i territori devono far sentire la loro voce. C’è l’esigenza di parlare direttamente con tutti gli esponenti politici, anche con quelli più distanti dalle posizioni indipendentiste, per far comprendere loro la realtà del territorio, della cultura, la situazione della lingua basca o la gravità della questione del diritto alla casa, strettamente legata allo sfruttamento turistico della costa.

Alla base del ragionamento indipendentista c’è l’esigenza di sconfiggere il centralismo esasperato e totalizzante che caratterizza da sempre il governo dello Stato ma che è stato ulteriormente rafforzato da Macron: Parigi decide per tutto il territorio. Ma Dufau ricorda che le battaglie popolari degli ultimi anni, come quella dei Gilet Gialli o come le mobilitazioni contro la riforma delle pensioni, dimostrano che la gente, nei territori, si è stancata di essere costantemente scavalcata e annichilita dalle decisioni statali. Una strategia politica che parte dal basso che ha l’obiettivo di contrastare il governo delle minoranze al potere. Un’interazione positiva tra forze politiche diverse ma che, a prescindere dal posizionamento indipendentista o autonomista, sono composte da persone che hanno già dimostrato di lavorare nell’interesse del territorio che le ha elette.

Fonti: Mediabask, La République des Pyrénées, Gara, Naiz, Berria, Sud Ouest, France Bleu.