La scelta di Junts
La decisione del partito di Jordi Turull, della presidente del Parlamento Laura Borras, e dell’ex Presidente Puigdemont, è grave: abbandonare la maggioranza di governo di coalizione guidata da Pere Aragonès di Esquerra Republicana in carica dal maggio 2021.
La scelta di uscire dalla maggioranza non è stata presa dal gruppo dirigente di Junts, la cui maggioranza avrebbe continuato l’esperienza di governo, bensì attraverso una consultazione interna degli iscritti al partito che hanno votato con una partecipazione dell’80%. Il No al proseguimento dell’esperienza di governo ha vinto con il 55,73%.
La presidente Laura Borràs in conferenza stampa ha affermato che il vincitore di questa consultazione interna è il partito, Junts per Catalunya: “ne usciamo più forti come partito perché abbiamo fatto ricorso nuovamente alla nostra democrazia interna. Facciamo nostro il risultato dei voti espressi perché il mandato delle urne deve essere sempre rispettato. Ora è il momento di dare gambe a questo risultato e dobbiamo farlo con unità e determinazione”.
Il segretario generale di Junts Jordi Turull ha sottolineato la responsabilità degli iscritti perché “la decisione era importantissima” e ha affermato che gli iscritti sono stati all’altezza del momento con un livello di partecipazione così alto. In questo senso Borràs ha affermato che siamo di fronte “ad una grande lezione di democrazia, non c’è partito in Catalogna che agisce come Junts dimostrando maturità e responsabilità”.
Turull ha descritto la situazione di stallo che si protraeva sin dall’agosto scorso. “Cosi non potevamo andare avanti perché non stavamo compiendo il mandato delle urne del 14 febbraio 2021. La nostra militanza non vuole restare in un governo che non fa passi avanti verso l’indipendenza. Noi se facciamo politica è perché facciamo nostri gli impegni con la cittadinanza e se arriviamo ad un accordo con altre forze parlamentari lo facciamo per portare a termine quell’impegno”.
I rappresentanti di Junts hanno denunciato che Esquerra ha preferito il patto con il PSOE a quello con Junts che ha consentito l’investitura di Aragonès per portare a termine il processo indipendentista.
Per l’ex Presidente Puigdemont “in assenza di elezioni anticipate il nuovo governo dovrebbe sottoporsi a un voto di fiducia perché il cambio politico che è avvenuto presuppone la necessità di un nuovo avallo parlamentare. In questo modo potrà intraprendere questa nuova tappa rafforzando la propria legittimità”.
Le mosse di Esquerra
Da parte sua il presidente Pere Aragonès ha annunciato in 48 ore i nuovi 7 ministri che sostituiscono quelli di Junts dimissionari. Si tratta, secondo un comunicato di Esquerra, di figure “progressiste trasversali, impegnate nel rispetto dell’autodeterminazione, della giustizia sociale e del repubblicanesimo, nell’ottica di grandi maggioranze”.
Il nuovo governo sarà paritario: avrà lo stesso numero di donne e di uomini. I suoi membri provengono da varie sensibilità politiche. “Molti provengono da Esquerra ma ce ne sono anche provenienti da altre orbite politiche: profili legati all’area catalanista del socialismo, all’ala più socialdemocratica della vecchia Convergenza Democratica ma anche a voci vicine a Podemos-En Comù”.
“Il presidente Aragonès – dice il comunicato – ha lavorato intensamente e con la massima velocità nel disegnare il nuovo esecutivo e aprire un nuovo ciclo politico al servizio dei cittadini. Ci troviamo alle porte di una grave crisi economica e sociale segnata dall’inflazione e dall’emergenza energetica. Di fronte a tutto questo adesso è il momento in cui il Governo deve stare a fianco della cittadinanza senza distrazioni, senza incertezze, assumendo tutte le responsabilità necessarie per far fronte alla grave situazione che sta affrontando il Paese, sia in ottica sociale sia nazionale”.
Rispetto alla presenza nel nuovo governo di ministri non indipendentisti il presidente Aragonès ha affermato che “una delle priorità dell’esecutivo è mettere il futuro nelle mani dei cittadini e risolvere il confitto con lo Stato”. Le nomine di tre ministri non indipendentisti sembrano collegarsi alla strategia generale di Esquerra che da anni punta tutto sulla tavola di dialogo con il PSOE e sulla la volontà di tornare a votare in un referendum concordato con lo Stato.
Oriol Junqueras ha difeso il concetto che questo sarà il governo che rappresenta “la volontà dell’80% della società catalana, a favore del negoziato, del referendum per l’autodeterminazione e per la fine della repressione. In questo progetto, la via àmplia, crediamo che non ci sia solo ERC ma anche la CUP e buona parte di Junts. Sarebbe ottimo se si sommassero anche Podemos-En Comù e magari il Partito Socialista catalano”.
La pressione civica
L’Assemblea Nazionale Catalana è intervenuta in questa crisi di governo rivendicando il ruolo e l’importanza delle mobilitazioni popolari dei giorni scorsi in occasione della Diada, festa nazionale catalana, dell’11 settembre e in occasione del primo ottobre, quinto anniversario della celebrazione del referendum indipendentista. “La mobilitazione popolare ha condizionato la politica catalana. È il popolo che continua ad avere il potere di cambiare tutto. La strategia dei partiti è fallita. Non ci ha portati all’indipendenza così come avevano promesso. Indipendenza o elezioni. Siamo la forza che muove tutto”.
Il ruolo della CUP
Poble Lliure, partito che fa parte della CUP, chiede nuove elezioni e propone un governo di “trasformazione nazionale” e una nuova forza politica che raccolga il massimo di attori politici e sociali possibile attorno a un programma de minimis per l’autodeterminazione e l’indipendenza. Poble Lliure accusa Esquerra e Junts di patire una deriva autonomista che giudica come ostacolo grave per il raggiungimento dell’unità strategica.
La reazione di Madrid
Il governo spagnolo spera che il nuovo governo Aragonès porti “tranquillità e stabilità” alla Catalogna. La portavoce dell’esecutivo spagnolo Isabel Rodriguez guarda con speranza all’uscita di Junts dal Governo catalano e al successivo rimpasto. “Abbiamo il massimo rispetto dei governi autonomi e speriamo che il cambiamento che si è verificato possa portare tranquillità e stabilità”. Il presidente del consiglio Pedro Sanchez ha dichiarato che “in un contesto di guerra, di inflazione e di crisi energetica il valore della stabilità è fondamentale. Scommettiamo sempre sulla stabilità e da parte nostra abbiamo sempre teso la mano a favore del dialogo”.
Il punto della situazione
Il governo Aragonès in sette mesi ha perso l’appoggio delle altre due forze indipendentiste catalane, la CUP e Junts. Le associazioni civiche pressano affinché le forze politiche portino a termine gli impegni presi facendo fare passi avanti tangibili al processo indipendentista legittimato dal referendum e dalla dichiarazione di indipendenza annunciata e immediatamente sospesa dallo stesso Puigdemont. Le mobilitazioni popolari manifestano una crescente critica contro l’inefficacia della strategia portata a termine fino ad ora.
In un recente editoriale su VilaWeb il direttore Vicent Partal ha scritto che “sembra sbagliato svincolare ciò che ha deciso la base degli attivisti di Junts rispetto al crescente sentimento di opposizione nel movimento indipendentista per l’azione del governo. Sono passati cinque anni dalla dichiarazione di indipendenza e sette mesi dalla formazione dell’ultimo governo e per qualsiasi indipendentista è evidente che si sta perdendo tempo. In particolare con la tavola di dialogo tra Esquerra e PSOE. Questa è la ragione – continua il direttore – per la quale è cresciuto in questo modo così forte il rifiuto del governo. Un rifiuto che è visibile, che si è manifestato in piazza l’11 settembre e il primo ottobre”.
Articolo a cura di Franciscu Pala