Tantissime persone che hanno gravitato con diversi gradi di impegno e modalità di partecipazione intorno all’indipendentismo organizzato negli ultimi due decenni oggi si trovano in una situazione ambigua.
Se da un lato sentono di avere ancora qualcosa da dare in termini di contributo alla lotta di liberazione nazionale, da un altro sono consapevoli che il panorama di riferimento è mutato nel corso degli anni e che i naturali sbocchi della propria azione politica non sono più gli stessi.
Mi riferisco a persone che hanno seguito propri percorsi specifici, che durante la loro storia personale hanno affinato il proprio bagaglio politico e che al contempo sono cresciute sia nell’ambito degli studi sia professionalmente.
Tutte queste persone, che attualmente non hanno un riferimento politico, sono un patrimonio sociale inestimabile per il movimento di autodeterminazione sardo: non hanno mai smesso di formarsi e di elaborare una propria visione di Repubblica di Sardegna per la quale sono pronte a rimettersi in gioco.
Riuscire a metterle nelle condizioni di avere un coordinamento in cui spendersi, riprendere i vecchi contatti e poter dare il proprio contributo attivamente può essere un passaggio fondamentale per ridare linfa all’indipendentismo facendo in modo che militanti provenienti dai più variegati settori della società possano contribuire attivamente al processo di emancipazione economico e sociale dell’Isola.