Fare rete. La nazionale sarda gioca in Corsica

Nazionale sarda di calcio, presentata la seconda edizione del Trofeo Simeoni-Simon Mossa a giugno si gioca in Corsica

di Vittorio Cuccheddu

Sei anni sono passati dal primo Trofeo Simeoni-Simon Mossa. Nel mezzo c’è stata una pandemia e con essa tutti gli sforzi per mantenere assieme un universo sportivo che non vuole retrocedere. La sfida è continuare a costruire relazioni internazionali solide in un panorama politico difficile e crescere con esse in un contesto sportivo dove una volta tanto vincano davvero sport e identità.

Ci incontriamo il pomeriggio del 17 marzo al circolo culturale Tirrindò di Sassari per una conferenza stampa di presentazione. Ad ospitarci nel suo locale è Riccardo Anedda, Futta per chi segue la scena hip-hop e l’attivismo sassarese. Immerse nella penombra rossa della stanza, sotto le volte in tufo, ci sono due panche e un tavolo su cui stanno i palloni, le magliette e il trofeo. Sul muro, oltre il tavolo, un’iscuadra, unu pòpulu, la sciarpa della nostra nazionale.

La maglietta celebrativa del primo Trofeo Simeoni-Simon Mossa. Foto V. Cuccheddu.

È un tavolo semplice, ma sembra un altare, un voto alle divinità dello sport e dell’autodeterminazione. Prendiamo un caffè. L’atmosfera è allegra e informale, i volti e le voci dei dirigenti descrivono personalità ambiziose. Ci riconosco le stesse persone che ti abitui a vedere tra chi milita instancabilmente e non riposa abbastanza dopo il lavoro.

A rappresentare la nazionale ci sono il presidente della FINSFederazione Isport Natzionale Sardu Gabrielli Cossu e il collaboratore tecnico della squadra Massimo Meloni, vice di Vittorio Pusceddu. Dalla Corsica è arrivato invece Andrè Di Scala, presidente della Squadra Corsa. Successivamente sentirò Stefania Campus, Presidente della Nazionale e responsabile marketing di FINS. Le domande le facciamo io per Helis e Paolo D’ascanio per S’Indipendente. Abbiamo concordato due domande a testa.

Gabrielli Cossu esordisce così: “Questo è un momento importante, dopo sei anni dal primo Trofeo e dopo lo stop imposto dal Covid, siamo orgogliosi di raccogliere questa nuova sfida. Siamo accomunati dal desiderio di crescita di due popoli che vogliono confrontarsi sia al livello sportivo che culturale. La scorsa partita, vinta meritatamente ai rigori dalla Squadra Corsa, era stata un momento di confronto prezioso. Il senso d’appartenenza dei Corsi ci aveva colpito e l’incontro, più che dal senso della sfida, era stato caratterizzato da un diffuso senso di fratellanza”.

Il pallone ufficiale della Squadra Corsa. Foto V. Cuccheddu.

“Sedici chilometri separano la Sardegna dalla Corsica” ci ricorda invece il Presidente della Squadra Corsa Andrè Di Scala “Si dice che siamo cugini ma più che cugini siamo fratelli. Il percorso che abbiamo intrapreso supera la politica, che segue i suoi tempi. Oggi non parliamo solo di uno scontro sportivo ma della necessità di creare un ponte tra due realtà. I ragazzi, che hanno già iniziato a conoscersi, devono capire che tra loro ci sono solo sedici chilometri. Ci impegneremo per vincere, perché questi incontri sono importanti e sappiamo che saremo sotto gli occhi di tutto il mondo corso, istituzioni comprese, per cui abbiamo una grande responsabilità. Vi riceveremo a Bonifacio con grande piacere!”.

“Sono onorato di far parte di questo progetto” dice Massimo Meloni, “È un modo per stimolare quello spirito patriottico che ai sardi qualche volta manca. Mi emoziona fare parte dello staff tecnico e occuparmi di questi ragazzi assieme a Vittorio Pusceddu. È un ottimo progetto sportivo ma è anche culturale, fa crescere due generazioni di ragazzi a cui si cerca di trasmettere un senso di appartenenza”.

Il 7 giugno tornerà il Trofeo Simeoni-Simon Mossa: come pensate si leghino i valori sportivi con quelli che questi due intellettuali e politici hanno trasmesso? (Paolo D’Ascanio)

“Sia io che Massimo Meloni come molti altri sardi, non abbiamo avuto la fortuna di vivere in un contesto culturale in grado di apprezzare il lascito di figure come queste – dice Gabrielli Cossu – abbiamo riscoperto la nostra identità da adulti e ora abbiamo l’occasione di dare il giusto valore a quegli insegnamenti. Corsica e Sardegna sono due nazioni. In Sardegna questo concetto è molto astratto, non viene bene identificato. Occasioni come questa sono il modo migliore per esprimere i valori che entrambi hanno contribuito a formare”.

“Concordo – dice André Di Scala – noi che abbiamo vissuto l’epoca di Edmond Simeoni abbiamo chiaro come lui tenesse al legame tra popoli come i nostri, soprattutto nel Mediterraneo. Quello che ci ha lasciato è un’onda di speranza per i giovani che oggi vivono momenti di grande difficoltà in un mondo in cui accadono cose terribili. Ci ha insegnato quanto è importante vivere bene tra noi e stabilire dei legami. Abbiamo un’espressione che può rappresentarci tutti, corsi o sardi: forti e fieri. Forse l’identità non sarà un grande tema per alcuni a Roma o a Parigi ma lo è per noi. Non possiamo trascurare le nostre radici e più sono le occasioni di incontro e di gioco, più questo sarà importante per il futuro dei nostri legami”.

Conferenza stampa di presentazione del secondo Trofeo Simeoni-Simon Mossa. Foto V. Cuccheddu.

La partita sarà giocata tra le due squadre under 15/16, quindi dai giovani: in che modo lo sport nelle nostre Isole può essere quella pratica che unisce divertimento, crescita individuale e collettiva? (Paolo D’Ascanio)

“Senz’altro quando i giovani si incontrano sul campo non è solo per vincere – dice Di Scala – tutti ovviamente lavorano per questo, i giocatori e i tecnici, ma lo scopo per noi dirigenti va oltre. Noi chiediamo ai giocatori di guardarsi e conoscersi l’un l’altro, far emergere le differenze e le qualità culturali di ognuno. Allo stesso modo l’incontro tra le nostre squadre rappresenta in un’occasione in grado di stimolare una vera rete sociale”.

“Ci sono tante cose che ruotano attorno ad una partita – prosegue Meloni – ci sono due squadre che magari appartengono a culture differenti, la crescita non è solo calcistica, ma un’occasione per rafforzare anche il senso d’appartenenza”.

Il calcio in Italia è spesso segnato dalle polemiche relative all’attenzione che non si dà alle squadre femminili e alla differenza di trattamento che le calciatrici subiscono sia a livello mediatico che da parte delle istituzioni. Come lavorate per favorire l’inclusività nel vostro sport? Il calcio che FINS e la realtà Corsa propongono può essere uno spazio ospitale per tutte le categorie marginalizzate? (Vittorio Cuccheddu)

“Certo che può – esordisce Stefania Campus – sono una donna che ama il calcio, per noi è un obiettivo realizzare dei tornei coinvolgendo il calcio femminile. Per me come presidente della nazionale sarebbe un grande successo e ricerchiamo nazionali che abbiano il nostro stesso intento. Purtroppo delle volte le intenzioni che mettiamo non sono assistite sempre dalle possibilità. Al momento FINS si muove su base volontaria, quello che facciamo è supportato dal nostro lavoro e da poche aziende che ci sostengono. Le istituzioni ci hanno fatto tante promesse che purtroppo sono state spesso disattese”.

Il trofeo del 2019, aggiudicato dalla Corsica. Foto V. Cuccheddu.

“Per quanto riguarda FINS l’inclusione è di casa, – esordisce Gabrielli Cossu – il progetto fu inaugurato nel 2019 a Monaco proprio con la partecipazione della nostra squadra nazionale ad un torneo giocato da persone con disabilità. Ad oggi ogni occasione per noi è buona per costruire e cogliere tutte le opportunità del caso. Abbiamo avuto l’occasione di iniziare a mettere i primi passi per la costruzione di una squadra femminile quando parlai con un’esponente della fortissima Torres femminile, che mi disse di essere onorata dell’invito a partecipare ma confessò la difficoltà che loro stesse vivevano nel loro campionato a causa della carenza di giocatrici.
Ogni volta che ne avremo l’occasione noi saremo fieri di rappresentare quello che il territorio ha da offrire, come è già accaduto in altre discipline come la pesistica, il tiro di precisione, le freccette e il calcio a cinque.”

“La questione è importante – dice Di Scala – le realtà di cui chiediamo di fare parte hanno molti esempi di squadre femminili in ogni categoria, dalle under quindici alle under diciassette alle seniores e noi ci vogliamo misurare in questo senso. Ci siamo spesi molto anche per la creazione di una realtà sportiva dedicata alle persone con disabilita meno considerate, come le persone con disturbi della personalità e ne abbiamo fatto una squadra, ad Ajaccio. Nell’ambito di altri sport sono fiero di poter dire che molte squadre corse, in maniera totalmente autonoma si muovono in questo senso, come nel caso della boxe americana, della muay thai, del tennis e della vela. In Corsica ci conosciamo tutti, e il bello di questo è che ogni volta che c’è qualcosa di interessante da fare, tutti vogliono partecipare, non solo nel calcio.

Il Presidente della Squadra Corsa, Andrè Di Scala, mostra la locandina della Corsica Cup. Foto V. Cuccheddu.

Quali sono gli sforzi e le strategie che una dimensione sportiva come la vostra deve affrontare e a chi si rivolge per raggiungere finanziamenti e un pubblico sempre più ampio in un mondo in cui la spettacolarizzazione la fa da padrona? (Vittorio Cuccheddu)

“Gli sforzi sono enormi – dice Campus – portare una squadra fuori o ospitarne una rappresenta un grosso onere e come ho già detto, noi lavoriamo come volontari, col supporto di poche realtà che contribuiscono economicamente. A differenza di tante altre organizzazioni che invece si muovono puramente per interesse economico noi ci crediamo e cerchiamo di essere presenti il più possibile a dispetto delle difficoltà. Non è solo sport o solo calcio, si tratta di uno scambio culturale che valorizza i nostri giocatori. Tutto il nostro gruppo non sostiene dei costi, chi gioca viene ospitato e tutto è fatto sulle risorse dell’associazione. Questo però è lo scopo che abbiamo e si regge sulla cultura e sulla passione”.

“È dura – sospira Meloni – ovviamente lo spettacolo è importante, e la gente si incuriosisce se c’è un risultato. Il Progetto deve essere ambizioso e coordinato, deve coprire molte discipline. Per il resto è necessaria la volontà di chi partecipa. Ricordo un incontro con Cabella, il giocatore del Lille, in occasione della partita dello scorso torneo calcistico tra Sardegna e Corsica. A fine partita gli chiesi come mai il Lille lo lasciasse giocare nella Squadra Corsa. La cosa mi stupiva molto, non capita spesso che un giocatore di quel livello si esponga in quella maniera. Lui mi rispose che aveva molto a cuore la sua partecipazione nella nazionale corsa, tanto da aver pagato spesso delle penali e alla fine di aver preteso a livello contrattuale di poter partecipare. Non è facile, lo capisco, ma mi piacerebbe che molti nostri conterranei di qualsiasi categoria ragionassero così”.

La nazionale sarda sul campo di Olbia in occasione del primo trofeo Simeoni-Simon Mossa. Foto FINS

“In Italia in particolare – dice Di Scala – capita che i giocatori che giocano in serie A non vengano lasciati partecipare, è una caratteristica delle società italiane, in Francia non capita la stessa cosa. Se domani Barella decidesse di giocare con la Nazionale sarda sono sicuro che il pubblico e la politica lo supporterebbero. La differenza è nel supporto che i sardi e i corsi danno alle nazionali Francesi e Italiane. Se gli azzurri giocassero contro l’Inghilterra sono sicuro che molti sardi supporterebbero la nazionale Italiana, non credo sarebbe lo stesso per i corsi. È importante che chi sta con noi si riconosca nella squadra. Facendo così non si perdono le radici”.

Il 7 giugno 2025 la Squadra Corsa e la Nazionale Sarda si incontreranno nuovamente, questa volta a Bonifacio. Le aspettative sull’evento sono molto alte. Le due squadre, under sedici, giocheranno per la vittoria della rispettiva squadra, su questo non ci piove, ma l’obiettivo è dare continuità ad uno sforzo che prosegue nonostante le grandi difficoltà del caso. Il lavoro fatto fino ad ora ha contribuito a mettere a confronto due gruppi di giovani persone che si sono conosciute tra loro e hanno coinvolto le famiglie.
Si cerca di fare rete, di formare una comunità più grande. Questo è il grande premio che riserva lo sport a chi partecipa.