Ales, 27 Aprile 2021 – S. Antonio Gramsci Martire
Più passa il tempo, più questa contemporaneità si manifesta brutta. Più passa il tempo e più sono certo che noi sardi dobbiamo liberarci dal giogo diabolico dell’Italia e da quello succube e mai troppo disinteressato dei rappresentanti della RAS, zerbini sempre degli interessi altrui, da qualunque parti li si guardi, e mai al servizio degli interessi delle nostre collettività. La certezza è che vivere in Sardegna, nei paesi in particolar modo, non ha nulla di idilliaco. Da vent’anni, da quando ho consapevolezza di essere un libertario indipendentista, vedo il mio paese spolparsi, tutti i miei amici emigrare. I non emigrati si sono spostati nelle principali città isolane e comunque in paese non rientrano nemmeno per le feste comandate. Restano i pensionati e qualche coraggioso. Qualcuno per fortuna mette al mondo qualche figlioletto. Gli altri cercano di campare così come si può ma lo scenario non fa presentire nulla che possa invertire la tendenza della scomparsa dei paesi del circondario, e poi noi. La cosa che si sente chiara è il tocco delle campane delle 8 che annunciano un nuovo morto. Il paese ha perso pezzi, continua a perderne altri, costruire una comunità senza che ci siano interlocutori che parlano il tuo linguaggio e hanno il tuo sentire è pesante, per certi versi inutile e in alcuni casi controproducente. Non dico che non ci siano persone che danno il proprio tempo per gli altri, organizzazioni di volontariato ce ne sono, laiche e religiose, ma non è quel tipo di volontariato che cerco per dare il mio contributo.
Con queste premesse sarebbe scontato buttare la speranza alle ortiche.
Da quando ho interrotto il mio attivismo militante indipendentista, senza mai smettere di essere indipendentista, ho avuto un crollo, uno smarrimento, mi mancava lo stare insieme alle persone che avevano il mio stesso sentire, e qualcosa mi ha sempre convinto che la colpa non fosse la nostra. Qualche ingenuità non è sufficiente ad ammazzare un sogno, un’idea più forte di libertà, che è poi quella di vedere la mia terra, il mio paese e il mio popolo intero poter vivere dignitosamente e in felicità e serenità. Ho sempre ritenuto necessario sentirmi parte di un corpo comune che non annulli le individualità di chi lo compone, ma da queste possa trarne arricchimento e forza.
Dopo la mia esperienza in iRS – terminata nel 2010 – in cui son stato responsabile organizzazione per Aristanis, ho costituito il TzdA locale a Mogoro, ho avviato in maniera embrionale il TzdE pro s’Artigianadu Artìsticu, sono entrato nella costituente per avviare ProgReS con la corrente dei Repubricanos. Poi ho tirato i remi in barca e mi son chiuso in me stesso, cercando di recuperare il tempo dedicato all’attivismo per concentrarmi maggiormente nel mio lavoro di artigiano creativo ottenendo risultati personali soddisfacenti, ma lontani dal raggiungimento di un buon appagamento economico. Ma visto che la pagnotta era comunque assicurata riemergeva la mia volontà di dedicarmi a un progetto collettivo, di mettermi al servizio della causa. Assieme ad altri Artigiani Sardi abbiamo creato Artimanos – Sardegna Maestri Artigiani, per riempire un vuoto associativo e sindacale del comparto nel quale lavoravo e tutt’ora lavoro. Come in tutti i gruppi umani organizzati non è tutto rosa e fiori e abbiamo attraversato diverse burrasche anche in questo caso, ma non abbiamo buttato il bambino con l’acqua sporca e ci siamo ancora, avendo maturato esperienze importanti che ci hanno fatto conoscere e riconoscere anche in Europa.
La certezza è che da soli con le nostre forze non possiamo farcela, e che è sempre vero che l’unione fa la forza. Da soli sì, qualcuno può cavarsela senza la zavorra degli altri ma a cosa serve essere soli? Si sta meglio insieme che soli, ché siamo animali sociali!
Chissà che non sia giunta l’ora di toglierci la polvere di dosso…