di Gianluca Serrenti
Il rinvenimento, alcuni giorni or sono, dei frammenti di altre due statue nuragiche nel sito di Mont’e Prama, presso Cabras, ha giustamente avuto larga eco rimbalzando un po’ dappertutto nei mass media, che hanno riportato la notizia con parole di rinnovato e ammirato stupore per l’ennesima scoperta che testimonia la magnificenza della cultura e del popolo di cui siamo eredi e discendenti.
Tutto bene, dunque, anzi benissimo, se non fosse per quel fastidioso corollario costituito dall’ansia di accaparramento e di rivendicazione tanto del merito dell’impresa quanto della stessa proprietà dei Giganti. In parole povere, sto parlando di salire sul carro dei vincitori (ajò!) e intitolarsi il successo archeologico con tanto di orgogliosa esultanza che va dal ministro italiano della cultura fino al fitto sottobosco di varie figure collaborazioniste.
Innanzitutto, non possiamo né vogliamo dimenticare che i Giganti di Mont’e Prama sono stati occultati e segregati per quarant’anni nel centro restauro della Soprintendenza (braccio disarmato dello Stato italiano e in perenne conflitto con le università nostrane, chissà perché) di Li Punti presso Sassari senza che, per tutto questo tempo, i Sardi ne potessero beneficiare.
Adesso, alla buon’ora, per una più funzionale e proficua gestione, così da recuperare il tempo perduto, si è anche creato ad hoc un immancabile carrozzone politico-culturale a trazione ibrida italiano-sarda con a capo alcuni soliti e scaltri personaggi da riciclare necessariamente (in sardo diremmo cravaus a marolla). Nil sub sole novum, si dirà.
Ma per rimanere in tema di lingua latina, se si deve riscrivere la storia dell’arte per quanto concerne la statuaria antropomorfa del bacino del Mediterraneo, questo è grazie esclusivamente alla Sardegna, non al Paese di chi ci vorrebbe mettere il timbro made in Italy, continuando a saccheggiare ed attingere allegramente e a piene mani al nostro immenso patrimonio storico-artistico, dunque: modificando la frase Satura tota nostra est [La satira è un genere tutto nostro] di Quintiliano possiamo certamente affermare senza alcuna tema di essere smentiti Gigantes toti nostri sunt.
Perciò che sia chiaro, una volta per tutte: giù le mani dai Giganti!