A un giorno di distanza de Sa Die de sa Sardigna continuiamo a parlare della “nostra” giornata, quella dedicata alla nazione sarda. Lo facciamo con un contributo di Nicola Meloni, attivista indipendentista tra le penne di Helis Blog, pubblicata da Sardegna Che Cambia. Il testo ripercorre i temi della celebrazione tra cenni storici, prassi politiche e parallelismi con la Diada catalana.
Il 28 aprile è una data carica di significato per la Sardegna, un giorno in cui la storia e la lotta per l’indipendenza della nazione sarda si intrecciano: il 28 aprile 1794 – “Sa Die de s’aciapa” –, con la cacciata dei Piemontesi da Cagliari e dall’Isola, fu un momento cruciale della seconda fase dei moti rivoluzionari sardi. Nella Sardegna del XVIII secolo afflitta da cattiva amministrazione, da carenza di risorse e da privilegi feudali, Juanne Maria Angioy guidò la rivolta contro il dominio coloniale piemontese intuendo il potenziale della sua terra natale e convinto del fatto che, se ben amministrata, la Sardegna sarebbe potuta diventare uno degli Stati più ricchi d’Europa.
La lotta di liberazione nazionale del popolo sardo fu influenzata dalle idee della rivoluzione francese, che promuovevano l’uguaglianza, la libertà e la giustizia: mentre la Francia rivoluzionaria lottava per la sua libertà, Angioy e il popolo sardo cercarono la loro emancipazione. Ma, nonostante gli sforzi, la rivolta non ebbe successo e lo stesso Angioy fu costretto all’esilio. Morirà a Parigi nel 1808.
LINGUA, CULTURA E STORIA
A distanza di oltre due secoli dagli eventi citati, il 28 aprile rimane una data importante per la Sardegna, che ricorda gli eventi storici che hanno segnato la lotta per la propria emancipazione. In questa giornata, oltre alle commemorazioni e alle celebrazioni istituzionali, si sono nel tempo attivate diverse organizzazioni culturali, impegnate nel fare del 28 aprile una data di unità nazionale volta oltre che a celebrare il ricordo dei moti rivoluzionari anti-piemontesi anche a promuovere la cultura, la lingua e la storia della Sardegna.
La necessità di rimarcare questa peculiarità è riemersa nel momento in cui le istituzioni isolane hanno tentato di svuotare di significato nazionale questa data abbinando alle celebrazioni tematiche che poco avevano a che fare con il significato di identificazione che il 28 aprile ha per i Sardi. Ricordiamo in particolare il 2015, anno in cui “Sa Die” fu dedicata al centenario della Brigata Sassari.
Anche in Sardegna, così come succede in altre nazioni senza Stato, si è manifestata la necessità di auto-organizzare celebrazioni di stampo popolare e di identificazione nazionale attorno a una data simbolica per il proprio popolo. Un esempio vicino è quello della Diada Nacional de Catalunya dell’11 Settembre che, analogamente a quanto accade in Sardegna per le celebrazioni de “Sa Batalla de Seddori”, commemora la giornata in cui i catalani, dopo la caduta di Barcellona nel 1714, persero la propria indipendenza per mano delle truppe borboniche.
ANALOGIE CON LA DIADA
La Diada catalana mobilita in manifestazioni di piazza e culturali centinaia di migliaia di persone, riunendo i catalani per celebrare il loro passato e guardare al futuro della loro nazione rappresentando il forte senso di appartenenza e il loro impegno a preservare la loro identità di nazione. Anche le analoghe manifestazioni in Sardegna contribuiscono al senso comune di resilienza e determinazione verso un percorso di emancipazione che passa attraverso la riappropriazione culturale della propria storia di popolo ma anche per la consapevolezza che quel popolo, seppur sconfitto, ha avuto nel proprio percorso fasi in cui è stato capace di essere indipendente, emancipato e consapevole del proprio ruolo nella storia.
Il 28 aprile come momento di riflessione e consapevolezza partecipata, rispetto alle istanze del popolo sardo e alla sua esigenza mai sopita di emancipazione e autogoverno
Non a caso, a parte l’effimera vittoria del 28 aprile, la Sarda Rivoluzione fu sconfitta, così come lo furono la Repùblica Sardisca d’Arborea nel 1409 a Sanluri, i Catalani l’11 settembre del 1714 a Barcellona o – per guardare all’Isola sorella di Corsica – le milizie di Pasquale Paoli contro i francesi a Ponte Novu il 9 maggio del 1769.
In Sardegna questo percorso di riappropriazione politico-culturale non è avvenuto solo attraverso l’impulso istituzionale, così come successe per il bicentenario dei Vespri Sardi – quando la presenza sardista nel Consiglio della RAS era consolidata –, ma anche grazie all’impulso di movimenti o partiti autonomisti e indipendentisti. Il tutto senza dimenticare il lavoro di tante associazioni e gruppi spontanei che hanno organizzato negli anni diverse iniziative culturali, di piazza o estemporanee che stanno portando una data simbolica come quella del 28 aprile a essere un momento di riflessione e di consapevolezza partecipata, rispetto alle istanze del popolo sardo e alla sua esigenza mai sopita di emancipazione ed autogoverno.
SA DIE DE SA SARDIGNA
Citando solo alcune esperienze passate o che tutt’ora animano la giornata della “Festa nazionale del popolo sardo”, possiamo citare l’impegno da parte degli universitari indipendentisti cagliaritani nell’organizzazione di incontri culturali, manifestazioni tematiche su storia, Lingua e cultura sarda o le iniziative come i flashmob diffusi de “Sa Die in Tundu”, che hanno visto la creazione su tutto il territorio sardo di simbolici cerchi umani. O ancora l’ormai tradizionale esposizione dei vessilli nazionali, soprattutto dalle abitazioni private in occasione della giornata del 28 aprile.
Negli ultimi anni le sigle dell’associazionismo culturale indipendentista – tra cui ANS, Assemblea Natzionale Sarda –, in assenza della volontà istituzionale di rendere questa giornata un vero momento di aggregazione culturale e popolare, hanno promosso una serie di eventi e momenti nati dalla necessità di avere dei riferimenti che possano portare a una maggiore consapevolezza del proprio passato per guardare al futuro della propria nazione.
Così come la Diada in Catalogna, anche Sa Die de sa Sardigna può diventare una testimonianza della forza dell’identità nazionale: le manifestazioni popolari e di massa giocano un ruolo cruciale nel costruire e rafforzare questa identità e in tutte le nazioni senza Stato questi eventi servono oltre che a preservare la cultura, la Lingua e la storia, anche a far crescere la coscienza del proprio passato, nella catarsi delle sconfitte dei rispettivi popoli che non hanno bisogno di una mitopoiesi basata sulle certezze delle vittorie per raggiungere la consapevolezza di essere un popolo tra i popoli. Bonu 28 de abrili a totus!