Il nuovo soggetto politico unitario indipendentista “Repùblica”, fondato il 29 giugno 2024 da attivisti provenienti da diverse storie ed esperienze politiche, fa la sua prima apparizione ufficiale a livello internazionale in Corsica, alla Ghjurnate Internaziunale di Corte, organizzate da più di 40 anni dagli indipendentisti còrsi oggi sotto la sigla di “Nazione”.
Per gli indipendentisti sardi questo è un appuntamento abituale ma per “Repùblica” si tratta del debutto. Rappresentata dai delegati Simone Maulu, Marta Spada e Sandro Cozzula, la nuova forza politica sarda è intervenuta nel dibattito internazionale delle Ghjurnate, alla presenza delle delegazioni politiche di altre nazioni senza Stato tra le quali: Polinesia, Scozia, Irlanda, Pasi Baschi, Kurdistan, Bretagna, Galles e Scozia.
Oltre ad aver illustrato le modalità di fondazione di Repùblica e le prospettive di lavoro sul territorio della nuova forza politica, i delegati sardi, come già fatto lo scorso anno, hanno portato all’attenzione internazionale la grave situazione in campo energetico che sta vivendo la Sardegna. Helis pubblica l’intervento di Simone Maulu.
“Le donne e gli uomini di Repùblica ringraziano Nazione per l’invito. Ogni anno, da tanti anni per noi è un onore partecipare alle Ghjurnate Internaziunale di Corti sia perché rappresentano un appuntamento internazionale di alto livello sia perché i rapporti tra Sardegna e Corsica si rafforzano sempre di più. Le indipendentiste e gli indipendentisti del nuovo soggetto politico unitario sardo vogliono salutare i delegati internazionali con i quali da anni condividono esperienze politiche e lotte comuni. Vogliamo mandare un abbraccio affettuoso ai prigionieri politici ed in particolare un abbraccio fraterno ad Antò Simoni che oggi non può essere qui a causa della repressione dello Stato francese che gli impedisce di tornare in terra còrsa.
Repùblica è la nuova organizzazione politica, internazionalista e solidale con tutti i popoli e le nazioni senza Stato, nata un mese fa, frutto del lavoro politico portato avanti in questi anni dagli attivisti di varie sigle che già da tre anni avevano intrapreso un cammino comune o che dopo un periodo di riflessione hanno deciso di riattivarsi in questa nuova esperienza.
Insieme abbiamo sentito l’esigenza di costruire un luogo politico comune che andasse oltre le sigle attuali; per poter rilanciare l’azione e la presenza indipendentista nella società sarda; Abbiamo deciso di andare oltre noi stessi, di fare un salto in avanti. Come d’altronde da pochi mesi ha fatto anche Nazione. Indice del fatto che negli ultimi anni Sardegna e Corsica sono sempre più in sintonia. Vogliamo riprendere il filo di quanto di buono è stato fatto dell’indipendentismo moderno e vogliamo rilanciarlo nell’oggi in modo creativo, dinamico e originale.
Come in tutte le nazioni senza Stato, così come fate voi in Corsica, Repùblica interpreta il prezioso ruolo di vigilanza e argine alle politiche unioniste, di stimolo e confronto con le politiche autonomiste e di luogo di aggregazione per gli indipendentisti che vogliono lavorare democraticamente e in maniera organizzata per la difesa dei diritti e degli interessi della nazione sarda. Nonché alla creazione, giorno per giorno, dei presupposti per la futura Repubblica di Sardegna.
Oggi più che mai c’è necessità di un indipendentismo forte ed organizzato. La Sardegna sta subendo l’attacco coloniale più grande degli ultimi 30 anni: l’’assalto alla nostra terra che lo Stato italiano vuole trasformare nella propria piattaforma energetica. Come abbiamo già detto lo scorso anno la Sardegna sta vivendo un dramma che il sistema dell’autonomia non vuole e non può risolvere.
Per darvi un’idea più chiara, ad oggi troviamo oltre 700 richieste, provenienti da società private, per la realizzazione di centrali eoliche a terra e a mare e campi fotovoltaici, per un totale di 56.700 megawatt. Una produzione energetica che soddisferebbe il fabbisogno di oltre 50 milioni di abitanti.
Ma noi in Sardegna siamo un milione e mezzo e come se non bastasse paghiamo le bollette elettriche più care dello Stato italiano. Molte di queste richieste sono già state approvate dal ministero italiano e i campi di produzione energetica sono già in costruzione.
La chiamano Transizione Energetica. L’Europa ci chiede, anzi ci impone, la transizione energetica: dobbiamo arrivare a produrre più energia possibile da fonti rinnovabili. Noi non siamo contrari a questo. Ma è proprio qui che si vede la differenza tra noi, tra la nostra visione politica indipendentista e progressista che difende gli interessi del Popolo Sardo e la loro visione coloniale, speculativa, capitalista, devastatrice.
Noi facciamo un ragionamento molto semplice che parte da un principio sacrosanto: il sole e il vento sono beni collettivi e le ricchezze che producono devono andare a beneficio della collettività.
Rendere la Sardegna indipendente a livello energetico non sarebbe difficile. Basterebbe individuare delle aree idonee dove costruire gli impianti di produzione energetica per soddisfare il fabbisogno economico di un milione e mezzo di abitanti. Per esempio con l’autoproduzione comunitaria diffusa sul territorio o in zone già inquinate dalla chimica, nelle aree industriali dismesse, nelle aree militari. Lo ha fatto l’Uruguay, un piccolo paese di 3 milioni e mezzo di abitanti che in dieci anni è diventato indipendente a livello energetico.
Ma l’Uruguay è uno Stato indipendente è può prendere decisioni. La Sardegna, nonostante il suo statuto di Autonomia, non ha potere in materia energetica, il potere è in capo allo Stato italiano. E lo Stato italiano se deve costruire una piattaforma energetica per alimentare l’Italia, non sceglie di utilizzare il suo paesaggio, non sottrae le terre ai produttori di Parmigiano Reggiano, di Grana Padano o di Brunello di Montalcino. La piattaforma energetica la costruisce nella colonia, ovvero in Sardegna.
Se questo assalto si dovesse realizzare del tutto, la Sardegna cambierà per sempre. Diventerà un mega campo eolico e fotovoltaico al centro del Mediterraneo. Una piattaforma energetica e militare dello Stato Italiano. Queste sono le basi materiali, concrete e reali per far scomparire per sempre un popolo, la sua storia, la sua cultura, il suo essere.
Prima hanno impoverito le campagne, hanno fatto in modo che per i nostri pastori e agricoltori produrre fosse sempre più difficile. Tramite le banche hanno fatto fallire moltissime aziende. Oggi in Sardegna abbiamo oltre 8000 aziende agricole all’asta in mano alle banche. Poi una volta impoverita la campagna arrivano le imprese che propongono ai proprietari delle terre di affittarle a loro per 30 anni per realizzare campi eolici e fotovoltaici.
In queste settimane la Sardegna sta bruciando. Migliaia di ettari sono andati in fumo a causa degli incendi dolosi. Abbiamo notato che spesso le aree che vengono colpite dal fuoco sono le stesse dove dovranno sorgere i campi per la produzione di energia, con la scusa della pubblica utilità. Loro la chiamano transizione energetica. Noi la chiamiamo speculazione. In realtà non è né transizione energetica, né speculazione. È guerra.
E questa guerra la possiamo vincere solo se saremo un popolo che ha coscienza di sé, un popolo che non baratta i propri principi per soldi, un popolo che si sente tale e che questa guerra a difesa della propria terra e della propria dignità è disposto a combatterla e a vincerla.
Noi esistiamo per far sapere che in Sardegna c’è ancora un popolo che non ha mai firmato la resa e che è disposto a lottare in forma nonviolenta, per la propria libertà e per la propria indipendenza politica ed energetica”.