A Sassari negli ultimi anni sembra si vogliano risolvere i problemi a colpi di divieti. Lo scorso inverno era persino vietato fumare per strada e fuori dai bar.
Un’altra ordinanza del Sindaco Campus che ha fatto molto discutere è stata quella emessa all’inizio della stagione estiva. Nel momento in cui le attività commerciali, dopo mesi di coprifuoco e chiusure, iniziavano a lavoricchiare ecco che il Comune di Sassari vieta agli artigiani la possibilità di poter presentare la domanda per richiedere (chiaramente pagando) l’utilizzo del suolo pubblico nello spazio adiacente alla propria attività. Questo ha penalizzato tante attività come le pizzerie da asporto, le gelaterie e le paninoteche che, pur non potendo mettere il bagno a disposizione dei clienti, potevano comunque offrire un servizio mettendo fuori dalla propria attività un ombrellone e alcune panchine dove i clienti potessero consumare un po’ più comodi il cibo acquistato, magari un panino durante una pausa lavoro.
Qualche giorno fa il Sindaco Campus ha firmato una nuova ordinanza che vieta il consumo di bevande alcoliche nelle aree pubbliche dalle 19 alle 6 del giorno dopo su tutto il territorio comunale. Lo scopo è “garantire la sicurezza urbana e l’incolumità di chi vive nel territorio comunale, a tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, del decoro e della vivibilità urbana”.
Quando vengono presi provvedimenti di questo tipo si rischia di focalizzarsi su una visione distorta rispetto al reale problema. O forse non è ben chiaro cosa intende l’amministrazione comunale per problema dato che ci si riferisce a fenomeni che in città non sono per niente nuovi.
Mi chiedo se per l’amministrazione Comunale il problema sia da individuare in due amici che bevono una birretta nel muretto sotto casa. In un gruppo di ragazzi che si ritrova in una piazza a bere alcolici e in stato di ebbrezza urla disturbando chi vuole riposare o, nel peggiore dei casi, danneggia il bene pubblico, provoca risse creando – come si legge nell’ordinanza – degrado in città.
Ma il vero degrado sociale e culturale non sta per caso nel fatto che sempre più ragazzini minorenni si ritrovano nelle strade e nelle piazze pubbliche e consumano alcolici e superalcolici dal pomeriggio?
Il vero dramma sociale è questo. Questa è la sconfitta politica perché è il risultato della società che abbiamo creato e che non riusciamo o non vogliamo vedere. Non sono i ragazzi che creano degrado consumando alcolici per strada. Loro sono semplicemente il risultato di dinamiche che hanno radici ben più profonde e che andrebbero affrontate seriamente, coinvolgendo esperti e facendo una profonda analisi del momento storico che stiamo vivendo. Non ci si può limitare a forme di repressione fine a se stessa.
E’ naturale chiedersi come la classe dirigente non si renda conto che in un’Isola come la Sardegna, subalterna rispetto a uno Stato proibizionista nel quale si tenta di fare la guerra alla canapa light, fa il suo grande ritorno tra i giovanissimi l’eroina.
Come si può pensare di combattere la delinquenza con la videosorveglianza? Come si può non attivarsi per lavorare seriamente sul fatto che il 21,2% dei ragazzi abbandona precocemente gli studi.
Stiamo raccogliendo i frutti del modello di società imposto dalla TV, quello propinato da personaggi come Maria De Filippi e Barbara D’Urso che ogni giorno in prima serata entrano nelle nostre case con trasmissioni spazzatura basate sulla competizione, sul pettegolezzo, sul bisticcio, sulla mancanza di rispetto.
I punti di riferimento di almeno una generazione sono gli YouTuber, gli influencer che prendono il posto degli intellettuali, dei poeti, degli spettacoli teatrali, dei libri, dei professori, dei genitori stessi perché agli occhi di chi li segue sono più autorevoli di chiunque altro. In questo tipo di società l’arte e la cultura sono messe all’ultimo posto.
In questa società c’è difficoltà di dialogare, interagire e collaborare. Non si parla più neanche tra i familiari, assorti come siamo ad ascoltare la TV.
La nostra Isola è ricca di storia e cultura che nessuno conosce perché a scuola non si possono studiare e nessun genitore, nessun insegnante, nessun politico riesce ad appassionare e coinvolgere gli studenti in una battaglia per inserire la Storia sarda a scuola con tutto ciò che ne conseguirebbe. Questo argomento viene visto come il capriccio di qualche nazionalista.
Questa società ha annientato il dibattito politico, la partecipazione attiva dei cittadini alla vita pubblica. Questa società è governata da una classe dirigente sempre più elitaria che rappresenta una parte sempre più ristretta della popolazione e pensa che la vita umana si svolga all’interno di un ufficio.
Ci rendiamo conto di tutto questo? Sarebbe bello sapere quale sia la visione delle amministrazioni comunali. Gli amministratori come immaginano le nostre città? Da città come Sassari possono partire degli input diversi per invertire questa tendenza?
Fino a non troppi anni fa Sassari era una città caratterizzata da un ambiente culturale vivo e trainante. Una fucina artistica, musicale, teatrale che sicuramente offriva ai giovani molte più possibilità, molte più alternative di quelle che può offrire oggi. Cosa è successo? Dove sono finite queste energie? Dov’è finito il fermento culturale che animava Sassari?
Un’amministrazione dovrebbe vivere, ascoltare e capire la propria città e i propri cittadini per recepirne le pulsioni. Quanto ancora deve durare la strada senza fine dei metodi autoritari e delle ordinanze repressive?
Foto di Marcello Saba