Intervista a Marco Sulis, titolare del tour operator Galusè. La gestione del turismo in Sardegna necessita di una strategia che vada oltre la destagionalizzazione e il superamento del sistema costiero, promuovendo un modello sostenibile che valorizzi anche l’entroterra. In questa intervista, pubblicata da Sardegna Che Cambia e scritta da Franciscu Pala, Marco Sulis racconta un modello di turismo diverso e soprattutto possibile.
Cagliari. Due mantra caratterizzano da decenni la discussione sulla gestione del turismo in Sardegna: la destagionalizzazione dei flussi e il superamento del sistema a ciambella che affolla le coste e desertifica l’entroterra. Alcuni passi avanti sono stati fatti ma non sono sufficienti e spesso sono dovuti più all’iniziativa privata e delle comunità locali che a quella delle istituzioni. Come indipendentisti, concentrati sulla proposta anziché sulla protesta, pensiamo che non ha senso agire in emergenza – magari a ridosso della stagione estiva – con finanziamenti o provvedimenti spot su un sistema dei trasporti che andrebbe rivoluzionato.
Quello di cui la nostra terra ha bisogno è una lungimirante programmazione che vada oltre il contingente e che attinge alle migliori pratiche portate avanti con determinazione da parte di tanti operatori del turismo sardi impegnati a dimostrare che fare impresa turistica di qualità in Sardegna è possibile. Spingendoci in un àmbito più sottile, ma solo apparentemente cavilloso, avremmo bisogno di passaggio logico dal concetto di turismo a quello di viaggio. E quindi all’accoglienza non più di turisti ma di viaggiatori. Proprio a partire da questa convinzione nel 2009 un imprenditore sardo visionario ha intrapreso il percorso che porta all’apertura di un tour operator.
Il suo sogno era quello di accompagnare un nuovo tipo di viaggiatore verso mete nascoste e preziose, lungo le strade meno battute, per far conoscere popoli e sapori unici, in Sardegna e nel mondo, attraverso viaggi su misura, esperienziali e durante tutte le stagioni dell’anno. Oggi, tra difficoltà e soddisfazioni umane prima che economiche, può affermare di esserci riuscito. Dal 2012 Marco Sulis, tonarese di stanza a Cagliari, con il suo Galusè porta la Sardegna nel mondo e il mondo in Sardegna.
Attraverso il nome del tuo tour operator hai voluto rappresentare il concetto di Sardegna come luogo unico, da conoscere profondamente, da rispettare e da aprire con emozione a nuovi viaggiatori.
Nel mio paese, sulle alture del rione di Arasulè, in un punto di passaggio tra il centro abitato e gli antichi camminamenti verso Desulo e le cime del Gennargentu, c’è una fonte chiamata Galusè. Eo so Galusè, logu delissiosu de incantu. Firm’inoghe su pe’, o passizeri, cust’est logu santu [Io sono Galusè, luogo delizioso e incantevole, fermati qui o viandante, questo è un luogo santo, ndr]. Con questi versi l’ha cantata il poeta Peppinu Mereu e in queste parole c’è tutto quello che volevo esprimere con la scelta di questo nome.
Come si può proporre un modello di viaggio alternativo al turismo di massa?
Ascoltando le esigenze e le inclinazioni personali di chi ci sceglie come meta per il suo tempo libero è possibile miscelare gli elementi dell’inestimabile patrimonio di risorse della nostra terra, proponendo – o per meglio dire suggerendo – soluzioni diverse rispetto all’aspettativa e all’immaginario collettivo che presuppone una visione stereotipata della Sardegna, tutta ed esclusivamente sabbia e mare.
La gente non vede l’ora di bagnarsi nelle nostre acque cristalline…
Non si tratta di eliminare il mare dalle offerte o di negare l’evidenza della spettacolarità delle nostre spiagge ma bisogna saper proporre paesaggi, cultura, Lingua, antichi saperi, sapori, mestieri tradizionali, artigianato artistico di qualità che è in grado di reinterpretare la tradizione e di attualizzarla con rispetto e coscienza.
Durante tutte le stagioni è possibile proporre soluzioni che lasciano stupito il viaggiatore e lo fanno innamorare a tal punto dell’essenza profonda della nostra terra, da farlo tornare negli anni successivi. La fidelizzazione e la creazione di un legame emotivo tra loro e la nostra Isola trasforma sostanzialmente, per un breve periodo, in nuovi cittadini sardi, nuovi cuori che tengono al bene di questa terra.
Ma al turista tipo interessano queste cose?
La sfida è costruire un’offerta di viaggio più che di vacanza. Un cambiamento di prospettiva nell’approccio a questo settore. Certo non si soppianterà mai totalmente il turismo di massa con il viaggio esperienziale ma, a lungo periodo, capiremo che è dal secondo che la nostra terra nel suo complesso, zone interne comprese, può trarre una occasioni di lavoro oltre che di confronto reale con le culture di chi sceglie di venire a conoscerci. È chiaro che senza una programmazione strutturale e senza una capillare informazione è difficile far capire al turista che è possibile ed entusiasmante togliersi per mezza giornata le infradito, ma una volta che lo si riesce a fare, la risposta positiva è certa.
Con un’esperienza di viaggio di nuovo tipo l’interazione con il territorio e con gli attori sociali non solo è possibile ma è necessaria
Hai accennato a mestieri e artigianato artistico. Sono elementi di contatto tra il viaggiatore e il tessuto culturale ed economico della nostra società. Può il turismo fungere effettivamente da volano per questi settori?
Insisto: con il turismo per come lo si intende oggi, è difficile andare oltre una fruizione superficiale della nostra terra. Con un’esperienza di viaggio di nuovo tipo l’interazione con il territorio e con gli attori sociali non solo è possibile ma è necessaria, perché è una parte costitutiva e condizione indispensabile. Superiamo il concetto di souvenir industriale, oggetto slegato dal contesto culturale e dalle mani di chi lo ha prodotto. Suggeriamo al viaggiatore di portarsi a casa il frutto di saperi e creatività di persone reali che vivono il territorio tutto l’anno.
Abbiamo inaugurato una sezione della nostra attività chiamata Bottega Galusè, uno spazio dove poter acquistare prodotti artigianali e artistici realizzati nei luoghi visitati, che esprimono lavoro e passione, radici profonde, testimonianze di tradizioni secolari o di genialità attuale.
Che tipo di rapporto si instaura con il viaggiatore? Cosa rimane in te e nel tuo cliente dopo la fine del viaggio? E poi, si riesce a far restare la Sardegna nelle corde più profonde di chi la visita?
Il mio ruolo personale e quello dei miei collaboratori – come i responsabili delle strutture alberghiere o dei ristoranti, come gli autisti e le guide, gli artigiani, gli artisti e i produttori – è quello di accompagnare da vicino il viaggiatore ma senza invadere troppo la sua sfera personale, senza forzare le sue emozioni e i suoi tempi di sintonizzazione e risposta rispetto al contesto che proponiamo. Il lavoro grosso lo fa la Sardegna, finalmente libera di presentarsi nella sua globalità, nella sua complessità. Nell’Isola come all’estero uno dei nostri concetti fondanti è quello della scoperta dei popoli e delle loro culture.
Vantiamo una quantità di sfumature territoriali e di declinazioni culturali da fare invidia a territori enormemente più vasti del nostro. Questo è percepito dai viaggiatori, senza neanche il bisogno di spiegarglielo a parole. Nei loro occhi e nei loro ricordi questa affascinante complessità rimane scolpita in modo indelebile. Nel nostri confronti c’è persino gratitudine per avergli fatto scoprire aspetti ed esperienze che mai avrebbero pensato di poter vivere. In noi rimane il loro stupore e il loro affetto per luoghi e persone reali che hanno conosciuto e con le quali hanno potuto interagire e convivere per ore, scambiando conoscenze ed emozioni.
Avete infine una collaborazione stabile con viaggiatori dell’estremo oriente. Come possono degli imprenditori giapponesi finire a Tonara a fare ravioli artigianali?
Il Giappone mi ha regalato le soddisfazioni lavorative e umane più grandi. Può sembrare paradossale che il rapporto più stretto, viscerale direi, tra viaggiatore e Sardegna sia sbocciato con persone giapponesi. Ma questa è la dimostrazione della potenza della nostra terra, capace di entrare in risonanza e in sintonia con persone provenienti dalla parte opposta del mondo. E così, ad esempio, siamo riusciti a creare un rapporto speciale tra la Sardegna di Galusè e il Giappone del ristorante Tharros e del Seadas Flower Cafè di Shibuya, vere e proprie ambasciate sarde a Tokyo, animate da persone ormai amiche.